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Il Governo ha di recente definitivamente approvato il decreto attuativo della riforma in favore delle persone anziane (Dlgs 29/2024), una legge quadro che l’Italia attendeva da decenni. Uno degli obiettivi di fondo realizzati è considerare nel suo insieme la stagione di vita degli anziani: una fase sempre più lunga, che merita adeguato riconoscimento e valorizzazione con un effettivo protagonismo sociale, economico e anche lavorativo, in condizioni adeguate.

Il decreto identifica, infatti, strumenti e ambiti innovativi di intervento e di programmazione, in favore dell’invecchiamento attivo, dell’housing sociale, della prevenzione delle malattie e di tutto quanto arricchisce e migliora la qualità della vita. Un’inedita strategia nazionale di contrasto alla cultura dello scarto, alla discriminazione in base all’età e all’isolamento sociale che incombe su moltissimi anziani, soprattutto se in precarie condizioni di salute ed economiche. I più fragili tra i fragili, ai quali abbiamo destinato una prima sperimentazione che consentirà, per il momento solo ai più indigenti, di ricevere dal 2025 un importante contributo economico aggiuntivo (850 euro mensili) all’indennità di accompagnamento per documentate spese per l’acquisto di servizi. Questa sperimentazione gestita da Inps è una risposta concreta, sebbene iniziale e migliorabile, alla carenza di servizi e all’enorme ricorso al lavoro sommerso per le cure domiciliari.

Non si trascurano, insomma, gli ambiti più importanti nella vita degli over 65, e non solo di quelle non autosufficienti, in un’ottica di coerenza istituzionale e grande realismo. Abbiamo costruito una governance innovativa, con al vertice il Comitato Interministeriale per le politiche in favore della popolazione anziana (Cipa), che consente programmazione strategica, monitoraggio e condivisione di flussi informativi con i diversi livelli istituzionali e territoriali coinvolti.
L’altro obiettivo di fondo è inaugurare l’integrazione sociosanitaria e sociale, in particolare per il rafforzamento della domiciliarità di cure e assistenza. Un cambiamento non facile, perché, nella stragrande maggioranza delle Regioni, tutta la programmazione sociosanitaria si è sviluppata, finora, secondo un percorso parallelo e non comunicante con quella dei servizi sociali in capo agli enti locali.

Ma c’è di più. Perché è proprio nella concretezza della presa in carico delle persone anziane non autosufficienti che questo decreto obbliga sanità e sociale a lavorare insieme in Punti di accesso unici (Pua), attraverso percorsi valutativi condivisi basati su strumenti e questionari definiti congiuntamente, con la finalità di elaborare programmi di cura e assistenza individualizzati, ma anche partecipati dai destinatari e dai loro familiari caregiver, anche facendo ricorso a soluzioni integrate e condivise sia presso il domicilio sia attraverso le varie tipologie di servizi territoriali semiresidenziali e residenziali. A questo scopo è favorita la massima partecipazione di organizzazioni di terzo settore di prossimità dotate di adeguate competenze.

A qualcuno potranno sembrare ovvietà. Ebbene, in attesa di queste “ovvietà di grande buon senso” sono trascorsi oltre trent’anni e, con onestà intellettuale, si deve pure riconoscere che ora è necessario uno sforzo attuativo. Si tratta, dunque, di disposizioni dal carattere tutt’altro che scontato, la cui scrittura e messa a punto ha richiesto l’impegno di due Governi e due Parlamenti e un numero impressionante di ore di ascolto e di confronto senza risparmio da parte delle strutture di tutte le amministrazioni coinvolte. Nessuna proposta praticabile e sensata è stata scartata o non valutata. Unica lanterna però è stato il passo avanti di una riforma necessario, ma nel rispetto della realtà. È il risultato di un duro lavoro, che ne richiederà altro.

La realtà è che la nostra carta costituzionale affida compiti cruciali nella stessa materia a soggetti distinti: alle Regioni la sanità e ai Comuni i servizi sociali. Per la prima volta lo Stato, grazie a questa legge, farà lavorare insieme questi mondi da sempre separati. Lo sviluppo dei servizi sociali per le persone anziane non autosufficienti sul territorio è, infatti, un grande tema nazionale, che ha trovato nella introduzione dei Leps (Livelli essenziali delle prestazioni sociali) del 2021 un primo fondamentale grado di garanzia di effettività.

Da qui partiamo, con la consapevolezza che servono risorse che il Governo Meloni è impegnato a reperire.
Da questi elementi di concretezza è evidente come non potesse trattarsi di una riforma che realizza “tutto e subito”, e sbaglia chi parla di “un’occasione mancata”. Occorre concentrarsi con grande energia e attenzione sull’attuazione della Riforma completandone gli elementi di dettaglio, sostenendo quel grande sforzo organizzativo richiesto.

Certo, tutti avremmo voluto creare dal nulla un luogo magico per i nostri anziani, in grado di fornire tutte le risposte ai loro bisogni e necessità, ma era necessario partire dal dato di realtà, mettendo in connessione amministrazioni e operatori finora non abituati alla cooperazione, in vista del migliore funzionamento possibile del Sistema Nazionale per le non autosufficienze.